giovedì 25 Aprile 2024
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Giornata mondiale dell’ambiente. È tempo di agire

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Giornata mondiale dell’ambiente. È tempo di agire

Tempo per la natura. È questo il motto della Giornata Mondiale dell’Ambiente che si celebra oggi, 5 giugno. Uno slogan per ricordarci che stiamo perdendo la biodiversità e che è tempo di agire, più che mai. L’emergenza Covid-19 ci ha ricordato come gli equilibri ambientali siano stati stravolti, ci ha messo di fronte alle nostre responsabilità, ci ha posto dinanzi alle conseguenze di decenni e decenni di sfruttamento delle risorse. Il Pianeta è in pericolo. Le pandemie e lo sviluppo di nuovi virus ne sono la prova. Il coronavirus è forse la più lampante dimostrazione che si è raggiunto – e forse oltrepassato – il limite di sfruttamento e incuria verso la natura da parte dell’uomo.

Il Covid-19 ci ha posto davanti a un bivio: possiamo agire, e in fretta, per rigenerare il nostro futuro, modificare i nostri stili di vita, dare un’accelerata alle azioni significative per ridurre il surriscaldamento globale. L’alternativa è l’estinzione. Sì, perché circa un milione di specie viventi (su un totale stimato di circa 8,7 milioni) rischiano l’estinzione. Se continuiamo con il ritmo attuale, rischiamo la sesta grande estinzione di massa. Molti ecosistemi sono stati distrutti, degradati, frammentati.

Un’emergenza ambientale e anche sociale, dunque, che chiede risposte immediate. Ecco allora che diventa particolarmente importante celebrare la giornata di oggi, per ricordare i ventisei principi sui diritti e le responsabilità dell’uomo in relazione all’ambiente. Quei principi che vennero sanciti dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente che si tenne a Stoccolma proprio il 5 giugno del 1972.

La comunità internazionale sta tentando un accordo ambientale mondiale per il post-2020 e l’UE ha appena emanato la propria Strategia per la Biodiversità per il periodo 2021-2030. “Niente sarà come prima”, si è ripetuto in questi mesi. E allora l’auspicio è che si corra realmente ai ripari mettendo in atto azioni concrete.

Ma qual è la situazione in Italia? A dircelo è l’Annuario dei dati ambientali del 2019, presentato due giorni fa dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) che ha fotografato lo stato dell’ambiente in Italia. “Nonostante le politiche climatiche e ambientali dell’Unione europea abbiano portato vantaggi sostanziali negli ultimi decenni, il nostro continente deve affrontare questioni di grande portata: perdita della biodiversità, uso delle risorse, impatti dei cambiamenti climatici e rischi ambientali per la salute e il benessere”, si legge nel rapporto.
Ma vediamo più da vicino qual è la situazione del nostro paese.

Con le sue 60 mila specie animali e 12 mila vegetali, l’Italia è uno dei Paesi europei più ricchi di biodiversità in Europa. Un patrimonio che vede alti livelli di minaccia per flora e fauna. Sicuramente un forte argine al degrado è rappresentato dalla Rete Natura 2000 e il Sistema delle aree protette italiane.

Lontana dagli obiettivi europei la salute di fiumi e laghi in Italia. Neanche la metà dei 7.493 corsi d’acqua raggiunge uno “stato ecologico buono o elevato” (43%), ancora più grave la situazione dei laghi (solo il 20%).

Ma c’è anche il consumo di suolo a gravare sulla perdita di biodiversità. Sono ormai persi 23.000 km2. E nel 2018 è stato sottratto anche il 2% delle aree protette. Non dimentichiamo poi che il territorio italiano è fortemente esposto al dissesto idrogeologico. Vivono a rischio frane ben 1.281.970 abitanti, pari al 2,2% del totale. Un dato davvero drammatico.

Ma ci sono anche le buone notizie, come la crescita nell’uso circolare dei materiali. L’Italia infatti è ben al terzo posto in Europa per la “produttività delle risorse”, l’indice che descrive il rapporto tra il livello dell’attività economica (prodotto interno lordo) e la quantità di materiali utilizzati dal sistema socio-economico.

Per quanto riguarda le emissioni di gas serra, dal 1990 al 2018 sono diminuite del 17,2%. Il lockdown poi ha drasticamente ridotto le emissioni (ma si è ridotto anche il Pil). Per il 2020 si stima una diminuzione del 5,5%. Nel 2018 la diminuzione era stata dello 0,9%, rispetto all’anno precedente e per il 2019 la tendenza è di una riduzione del 2,0% rispetto al 2018.

E ancora, fonti rinnovabili: in Italia la quota è del 18,3% rispetto al consumo finale lordo, valore superiore all’obiettivo del 17% da raggiungere entro il 2020. Prossimo obiettivo da raggiungere è i 32% entro il 2030.

Infine, l’aumento della temperatura. In Italia cresce più che in altre parti del mondo. Nel 2018 è stata registrata un’anomalia media pari a +1,71°C rispetto alla media climatologica 1961-1990, superiore a quella globale sulla terra ferma (+0,98 °C). Nuovo picco per la temperatura anche dei mari italiani nel 2018 (+1,08°C), il secondo dopo il 2015, rispetto al periodo 1961-1990.

La situazione rimane preoccupante per gli inquinanti atmosferici. Il Bacino padano è una delle aree dove l’inquinamento atmosferico è più rilevante in Europa.

Dunque, dati non troppo confortanti. E negli altri paesi europei la situazione non è troppo dissimile (Vedi Rapporto Ispra). 

“L’European Green Deal si deve basare su una profonda trasformazione industriale, ambientale, economica e culturale” – dice il Presidente Ispra ed Snpa Stefano Laporta. “Un’occasione per rilanciare un nuovo modello economico, con una maggiore attenzione all’ambiente e alla biodiversità. Abbiamo tutti compiti importanti e sfide ambiziose per accompagnare il Paese verso quello sviluppo sostenibile che è l’unica strada da percorrere per il rilancio economico e sociale”.

Insomma, bisogna rimboccarsi le maniche. A dirlo è anche il sindacato dei pensionati della Cgil che in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente ricorda come sia necessario agire per cambiare il modello economico e produttivo per una vera riconversione ecologica e una reale trasformazione energetica. “Servono politiche strettamente intrecciate a profonde riforme sociali, che sradichino fame e povertà, redistribuiscano reddito e ricchezza per riequilibrare le enormi e crescenti diseguaglianze tra i Paesi e all’interno di ciascun Paese, rimettano al centro pace, salute, lavoro, welfare per tutte le persone di tutto il pianeta e di ogni fascia d’età”, dice Mina Cilloni, responsabile del dipartimento Benessere dello Spi Cgil. Già, perché non bisogna mai dimenticare che i cambiamenti climatici hanno determinato fratture sociali enormi, migrazioni di portata vastissima, fatto aumentare in misura drammatica le disuguaglianze sociali ed economiche.

Quindi è importante portare avanti la mobilitazione dei Fridays for future, perché sempre più persone siano sensibilizzate al tema del cambiamento climatico”, aggiunge Cilloni. Già perché in gioco non ci sono solo le azioni dei big, istituzioni e multinazionali. In gioco ci sono anche le azioni quotidiane di ciascuno di noi. Eppure non ci sentiamo ancora tutti pienamente coinvolti. Perché?

Il problema più grande, spiega Tom Rivett-Carnac, consulente strategico delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici, “è che non possiamo vedere i risultati immediati delle nostre azioni. E il fatto che ci sia un tempo a separarci tra la nostra azione e il risultato finale è qualcosa che dissuade le persone dall’agire. Eppure bisogna approfittare di questo momento cruciale, di questo passaggio epocale che le generazioni future ricorderanno come la sfida più grande del nostro secolo”. (vedi il Ted di Tom Rivett-Carnac).

Quello che serve, però, secondo Rivett-Carnac, è un “ottimismo testardo”, come lo definisce lui: “bisogna agire ma con ottimismo e convinzione e soprattutto condividendo un obiettivo comune”. Già, la parola chiave è la condivisione. Solo così, probabilmente, riusciremo a vincere la sfida.