giovedì 25 Aprile 2024
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Sud. Ultima fermata. I rischi dell’autonomia differenziata

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Sud. Ultima fermata. I rischi dell’autonomia differenziata

Come nella deriva dei continenti, il Sud si allontana dal Nord. E un pezzo d’Italia naviga senza bussola. Parliamo di Mezzogiorno con Gianfranco Viesti, un economista che da anni lancia l’allarme sul pericolo di questa deriva e ci mette in guardia dagli esiti catastrofici del progetto sull’autonomia regionale differenziata che lui definisce «una secessione dei ricchi».

Allarme Sud. La questione meridionale, da tempo seppellita nell’indifferenza
della politica, è stata rimessa al centro dell’agenda dalla grande manifestazione
di Reggio Calabria organizzata da Cgil, Cisl e Uil. «Per la verità un’indifferenza
molto comoda» sottolinea d’acchito il professor Gianfranco Viesti, economista
da sempre in prima fila nel denunciare le manchevolezze della classe politica
italiana nell’affrontare l’eterna questione meridionale e oggi molto impegnato
nel contrastare la cosiddetta “autonomia regionale differenziata”, che è la via
istituzionale per abbandonare per sempre al suo destino il nostro Mezzogiorno.
«L’indifferenza, il parlare d’altro – aggiunge il professore – evita di porsi
domande sul futuro del paese, sulle scelte che servirebbero per rilanciarlo.
La politica nazionale purtroppo affronta questo nodo cruciale con un clamoroso silenzio. Il contratto di governo tra Lega e 5 Stelle, ad esempio, non dice nulla. Anche l’opposizione di centrosinistra è distratta. Ma se nessuno farà niente crescerà ancora di più il divario tra Nord e Sud. Per questo credo abbia fatto bene il sindacato a rimettere in agenda il tema
del Mezzogiorno con una manifestazione di massa. La questione meridionale è
una questione nazionale. Solo la politica possiede gli strumenti per affrontarla e
per creare un modello di sviluppo sostenibile per tutto il paese».

Mezzogiorno a tradimento. Dieci anni fa il professor Viesti pubblicò per Laterza un libro dal titolo profetico: Mezzogiorno a tradimento. È ancora così o è cambiato qualcosa? «Qualcosa è cambiato, ma in peggio. Il Sud, ad esempio, si sta spopolando. Dal 2008
abbiamo registrato tassi di emigrazione mai visti. Le famiglie spingono i propri
figli a fuggire prima possibile da una terra in cui è morta la speranza. Rimangono
gli anziani soli o con le badanti (peraltro sempre meno) e i pochi giovani che tornano,
sconfitti, dai tentativi di emigrazione». Di recente la Banca d’Italia ha certificato
questo spopolamento. Nel decennio 2007-2017 il Mezzogiorno ha registrato un deflusso netto verso le altre regioni di 480 mila persone, quasi la metà degli abitanti di Napoli. E ha perso 193 mila laureati, di cui 165 mila trasferitisi al Centro Nord. Ma vi è anche una seconda novità rispetto a dieci anni fa. «L’altro aspetto è che l’immigrazione al Nord
riesce, seppure parzialmente, a compensare la minore natalità e l’invecchiamento della
popolazione, mentre al Sud non avviene». Meno popolazione significa meno consumi,
meno produzione, meno ricchezza. «E tutti questi segni meno –aggiunge Viesti –
non vengono compensati dagli investimenti pubblici. E questo è il terzo aspetto che
è cambiato negli ultimi dieci anni».

Servono più investimenti. Lo Svimez ha rilevato che con la crisi l’Italia ha drasticamente
ridotto i suoi investimenti pubblici (dal 3 al 2 per cento del Pil). E oggi? «Tale riduzione permane. Nella passata legislatura – fa notare Viesti – gli spazi per azioni di finanza pubblica sono stati orientati più ai consumi che agli investimenti. E lo stesso si sta facendo
adesso con quota 100 e reddito di cittadinanza. Si tratta di una scelta che alla
lunga penalizza il Sud. L’Italia oggi impiega meno risorse pubbliche per gli
investimenti, materiali e immateriali, che avrebbero un potenziale “moltiplicativo”
molto maggiore sull’economia e potenzierebbero le nostre dotazioni infrastrutturali.
Prendiamo i trasporti: nel primo quindicennio di questo secolo le ferrovie hanno investito
44 miliardi al Nord, 24 al Centro, 14 al Sud. Qualsiasi italiano prenda il treno si accorge di questo scarto: ci sono più viaggiatori in Lombardia che nell’intero Mezzogiorno;
il servizio locale è praticamente inesistente nelle due isole, in Calabria, Basilicata, Molise, Abruzzo».

L’autonomia differenziata. In questo contesto si sta dando vita alla cosiddetta autonomia regionale differenziata. Crescerà ancora di più la distanza tra Nord e Sud? «Questo provvedimento cambierà i connotati della nostra Repubblica. Nonostante la
cortina fumogena che da più parti si continua a sollevare – spiega Viesti – il
provvedimento in concreto può stabilire la regionalizzazione della scuola italiana
e dei suoi docenti, l’abbandono al loro destino delle università meridionali, la fine del servizio sanitario nazionale, il decadimento delle infrastrutture nelle regioni
più povere, un sistema di trasporto pubblico differenziato. Quello che c’è in ballo è un
enorme spostamento di potere e di denaro verso le giunte regionali che tanto premono
per l’approvazione (Veneto e Lombardia soprattutto n.d.r.); possibilmente prima
che gli italiani si rendano ben conto delle sue conseguenze».

Italia a pezzetti. Ma può il Parlamento non discutere approfonditamente del futuro della scuola e della sanità, delle politiche industriali, infrastrutturali, del lavoro, dell’ambiente, dei beni culturali? «Il guaio è che una volta messo in moto tutto questo non si potrà più fermare. Andrà avanti per conto suo. Con conseguenze che oggi possiamo immaginare solo in parte. Avremo un’Italia fatta di tanti pezzettini senza una visione unitaria dello sviluppo.
Una vera e propria secessione dei ricchi, in base alla quale le tre Regioni più forti
del paese verranno a configurarsi come delle vere e proprie Regioni-Stato, eliminando
una parte sostanziale della legislazione nazionale di cornice». Insomma se vogliamo evitare questa sciagura nazionale l’unica strada percorribile è far salire l’attenzione nazionale. Cgil,
Cisl e Uil a Reggio Calabria hanno lanciato un grido d’allarme e sul tavolo del governo
hanno messo una proposta di sviluppo per rilanciare il Sud. Ce la farà questo
governo o quello che verrà a raccogliere la sfida? «Per pensare al Sud occorre declinare
pensiero e azione al futuro, avere un’idea, un progetto per l’intero paese. Se si pensa solo alle prossime elezioni, non ce la faremo mai».

Gianfranco Viesti insegna economia applicata presso l’università di Bari. Tra le sue più recenti pubblicazioni: Una nuova politica industriale in Italia (Passigli, 2016); Viaggio in Italia (Il Mulino, 2017). Per Laterza è autore di Abolire il Mezzogiorno (2003), Mezzogiorno
a tradimento (2009), Verso la secessione dei ricchi? (2019).