sabato 20 Aprile 2024
Home News Legalità La legalità si costruisce insieme. Le testimonianze dei volontari antimafia

La legalità si costruisce insieme. Le testimonianze dei volontari antimafia

0
La legalità si costruisce insieme. Le testimonianze dei volontari antimafia

Una giornata di festa

Una giornata di festa. Corale, solare, gioiosa. Sfilano sul palco, a Roma, insieme. Sono sorridenti e contenti. Perché oggi possono raccontare quello che fanno da anni. Oggi possono condividere la loro esperienza. Possono dire quanto sia importante lottare contro le mafie. Sono i volontari che da anni partecipano ai campi della legalità e che stamattina hanno preso parte alla prima Assemblea nazionale organizzata dallo Spi Cgil.

Oggi raccontano un silenzioso lavoro quotidiano che purtroppo non sale quasi mai agli onori delle cronache. Le cattive notizie hanno sempre la strada spianata. Come dice un vecchio detto cinese “fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce”. La giornata di oggi dimostra che sta crescendo una foresta.

“Ho partecipato per cinque anni ai campi antimafia. Ho offerto il mio aiuto anche in cucina. Mia moglie è felice perché finalmente ho imparato a cucinare”. “Per me è stata un’esperienza bellissima, piena di amore”. “Lo scambio con i ragazzi non è fatto di retorica ma di affetto, dialogo, esperienze condivise”. “Quando sono partita non sapevo cosa mi aspettavo, ero spaventata. Ma quando sono tornata non avevo più paura”. “Partecipare ai campi fa crescere in me i sentimenti di soddisfazione e orgoglio. Ma anche di consapevolezza, per tutto il lavoro che ci resta da fare, perché dobbiamo essere sempre più presenti nelle scuole ed educare i giovani alla cultura della legalità”.

Sono le voci dei pensionati Cgil e di tanti ragazzi che ogni anno arrivano da tutta Italia per partecipare ai campi e ai laboratori promossi da Arci e Libera, insieme a Cgil, Flai, Rete degli Studenti e Udu. Oggi lo Spi festeggia i buoni risultati dell’edizione 2017 e si prepara alle attività del 2018.

Le storie

Le storie da raccontare sono tante. E sono belle. Perché vere, innanzitutto. E perché fatte dell’impegno reale di tante persone che ce la mettono tutta per rendere più bello e più giusto il nostro paese. Con l’impegno quotidiano, mettendo a rischio anche la propria vita, con il duro lavoro, con il dialogo e l’intraprendenza.

Per tanti anziani è un modo di costruire una vecchiaia diversa. “Con i campi costruiamo concretamente la possibilità di ridefinire il ruolo degli anziani. Innanzitutto sulla base di un rapporto intergenerazionale”. A sottolinearlo con forza è Lucia Rossi segretaria nazionale dello Spi Cgil che ha aperto questa Assemblea. “Vittorio Foa proponeva che i rapporti tra generazioni dovessero essere improntati a un’assoluta reciprocità. Vero. Verissimo. Per questo animiamo ogni anno, dal 2004, i campi antimafia”, spiega Rossi. A sentire le voci di chi ai campi ha partecipato si direbbe che l’obiettivo è stato centrato. Quando sullo schermo scorrono le immagini del video dello Spi nazionale, realizzato da Leonardo Settimelli, ci si accorge di quanto ricco e fruttuoso sia stato questo incontro magico tra giovani e anziani.

La peculiarità di questa straordinaria esperienza sta tutta qui: nel praticare l’esperienza dell’altro da noi senza steccati ideologici, senza barriere sociali. Nei campi si fa e basta, concretamente. I campi sono una concreta possibilità di stare sul territorio e dialogare. Stare in mezzo alle persone. Lavorare gomito a gomito con tutte le coraggiose cooperative che hanno in gestione i beni confiscati alle mafie e che da anni creano anche occupazione per i giovani. Le cooperative che su tutto il territorio nazionale gestiscono i beni confiscati sono circa 600. Oggi a Roma alcune di loro hanno portato la propria testimonianza.

C’è chi, come Nello Zerillo della cooperativa Nero e non solo di Santa Maria La Fossa, in provincia di Caserta, con i volontari dei campi ha creato un allevamento di lumache. Oggi sono più di un milione: “ciò significa che tra marzo e aprile, al momento della raccolta, potremo dare altro lavoro a tanti ragazzi”, dice Nello. C’è Alessandro Buffaroli, presidente della Cooperativa Baia Verde di Castelvolturno. Qui hanno avviato un’esperienza unica nel panorama italiano. Nella “Casa di Alice” le donne dello Spi Cgil hanno lavorato insieme alle ragazze vittime di tratta che trovano in questa sartoria sociale la possibilità di costruirsi un futuro diverso. Qui, insieme, hanno realizzato dei regali natalizi di stoffa. Sono i “pacchi alla Camorra”. “Se la Camorra per noi è una grande fregatura, noi vogliamo dare una fregatura alla Camorra. Vogliamo fargli il “pacco”, come si dice in gergo campano”, spiega il giovane presidente.

C’è anche chi lavora con giovani detenuti, come la cooperativa Alter Eco di Cerignola, che nasce nel 2010 per prendere in gestione un bene confiscato a un boss che, nonostante tre ergastoli, ora è di nuovo in libertà. Alter Eco produce confetture di ciliegie e uva. A lavorarci in maniera permanente sono 4 ragazzi. Ma il gruppo si fa più grande al momento della raccolta quando arrivano i giovani che stanno scontando una pena in carcere e che possono godere del lavoro nella cooperativa come un’alternativa alla detenzione. Il cerchio si chiude: dalla confisca del bene al riscatto di chi deve pagare un debito con la società e lo fa lavorando per la legalità.


Educare, formare, insegnare

La giornata si è aperta con un filmato suggestivo che racconta l’esperienza dello Spi di Parma che ha partecipato al campo di Salsomaggiore. Al Parco dello Stirone, nel podere di Millepioppi confiscato alla mafia, i ragazzi insieme ai volontari dello Spi hanno lavorato al recupero di animali selvatici. E qui, tutti insieme, hanno anche scritto una canzone e l’hanno registrata in studio. Il video li mostra insieme all’opera, mentre fanno le prove di canto. Sono bravissimi.

Come sono bravissimi anche tutti gli altri volontari e gli altri ragazzi coinvolti su tutto il territorio nazionale. Le loro storie sono state raccontate dal nostro giornale nel corso di questi mesi e i diari di quelle esperienze si possono leggere sul blog dei campi. Sono tante, tantissime. Non li citiamo tutte perché la lista sarebbe davvero troppo lunga.

Roberto Battaglia, del Dipartimento legalità dello Spi nazionale, ha aperto gli interventi ricordando le sagge parole del giudice Antonio Caponnetto: “al pensiero mafioso va contrapposto un pensiero nobile, civile. La mafia teme di più la scuola della giustizia”. Battaglia ricorda anche Pio La Torre perché se esistono i campi antimafia lo si deve alla legge che porta il suo nome. Una legge con cui per la prima volta si istituisce la confisca dei beni mafiosi. “I beni frutto dell’illegalità tornano ad essere dei beni comuni, anche grazie all’impegno di tantissimi giovani che hanno coraggio e ci mettono la faccia”.

Le testimonianze dei ragazzi ci dicono che c’è voglia di un futuro più giusto. Ma che c’è anche voglia di imparare e capire dai più anziani. C’è chi racconta di aver imparato per la prima volta a fare il pane. C’è chi dice che il campo estivo gli ha fatto capire che c’è un antidoto all’antipolitica. C’è chi sostiene di essere stato davvero educato e formato. C’è chi pensa che il campo gli abbia cambiato la vita.

I testimoni di giustizia e l’impegno dello Spi

Sul palco, insieme ai volontari, c’è anche Maria, giovanissima testimone di giustizia che con coraggio ci racconta la sua esperienza. “Noi testimoni di giustizia non abbiamo modo di partecipare alla vita democratica del paese, non possiamo condividere la nostra esperienza, non possiamo rilasciare interviste né partecipare ad iniziative pubbliche. Poter parlare liberamente durante le attività dei campi, trovare solidarietà e conforto nei ragazzi e nei pensionati dello Spi è stato per me fondamentale”. Maria viene dalla Calabria ma ora vive a Nord. Ha dovuto abbandonare la sua terra. Oggi dall’Assemblea nazionale chiede alle istituzioni che la nuova legge sui testimoni di giustizia, che per ora è ferma al Senato, venga presto approvata dal Parlamento. Per tutti quelli come lei vorrebbe dire dare una sferzata positiva al proprio futuro. “Vorrebbe dire poter far valere finalmente i nostri diritti”.

L’invito viene prontamente raccolto dal segretario generale dello Spi Ivan Pedretti che nel suo intervento conclusivo spiega come i pensionati Cgil vogliano sostenere questa battaglia. E ricorda quanto sia importante riportare al centro la cultura della legalità, da un po’ di tempo accantonata dalle istituzioni, dalla scuola, dalle organizzazioni sociali e politiche. A confermarlo è Giammarco Manfreda della Rete degli Student che spiega come il tema della legalità non sia più al centro dei percorsi formativi come accadeva dieci o quindici anni: “bisogna rilanciare il tema e far si che non ci si limiti a un impegno temporaneo. I campi sono importanti. Ma noi vogliamo lavorare alla costruzione di percorsi che durino tutto l’anno”.

Pedretti ha proseguito rilanciando il ruolo centrale dello Spi: “Noi rappresentiamo un emblema della battaglia per la legalità. Dobbiamo contribuire alla costruzione di un’idea e di un’identità contro la malavita. Dobbiamo far crescere le coscienze dei più giovani”. Per farlo lo Spi sta disegnando da anni un progetto comune che unisce giovani e anziani. Non a caso Pedretti sottolinea la necessità di tenere unito il paese. “Non abbiamo bisogno di divisioni, non abbiamo bisogno di conflitti generazionali. Possiamo invece lavorare insieme a progetti concreti per costruire un futuro migliore. L’esperienza dei campi dimostra che ciò è possibile”.

C’è anche un volontario dello Spi di Tor Bella Monaca, quartiere periferico tra i più complessi e problematici della Capitale. “Tor Bella Monaca è una delle più grandi piazze di spaccio”, dice Verino “ma lo Spi è lì, con la sua sede, a dare manforte a tutte le associazioni di quartiere che raccolgono tanti cittadini onesti che vogliono un quartiere e una città migliore. Noi siamo un presidio di legalità”.


Il ruolo del sindacato, di Arci e Libera

L’Assemblea è stata anche l’occasione per ricordare i 100 e più sindacalisti uccisi dalle mafie. A loro lo Spi guarda come a un modello di legalità, etica e democrazia. Per questo è importante combattere il caporalato e difendere il lavoro dignitoso. Una battaglia che la Cgil conduce tutti i giorni, come ha sottolineato anche il segretario nazionale della Cgil Giuseppe Massafra che ha ricordato l’importantissima recente approvazione del nuovo codice antimafia. Anche la Flai Cgil è da sempre impegnata nei campi della legalità. Roberto Iovino ricorda l’importanza dell’approvazione di una legge efficace contro il caporalato: “a un anno di distanza possiamo fare un bilancio assolutamente positivo. Ma dobbiamo intervenire con più forza sulla prevenzione ed evitare che tanti immigrati vengano sfruttati indiscriminatamente”.

Serenella Pallecchi dell’Arci racconta della sua esperienza come coordinatrice nazionale dei campi e ci dice che moltissimi giovani non conoscono la storia più recente di Cosa Nostra: “per molti ragazzi via dei Georgofili è solo il nome di una strada”. E Claudio Siciliano, referente nazionale dei campi di Libera, sottolinea l’importanza di costruire un nuovo modello di volontariato: “noi lo facciamo da anni, contribuendo a ribaltare la logica dell’individualismo”.

Il seme della speranza

A tutti i volontari lo Spi nazionale ha fatto un dono: una boccetta di vetro con dei semi di grano. Sono i semi della speranza. Perché l’esperienza dei campi diventi virale. Perché come un virus la cultura della legalità di diffonda a macchia d’olio tra tutti i cittadini, giovani e anziani. Oggi non c’è stato posto per la retorica. Oggi è stata la giornata dei fatti e delle azioni concrete.
“La libertà” ha ricordato Lucia Rossi, “come diceva Cicerone non consiste nell’avere un buon padrone, ma nel non averlo affatto”. E allora in bocca al lupo per un 2018 all’insegna della libertà dall’illegalità!

Vai alla galleria fotografica