domenica 28 Aprile 2024
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Appello degli scienziati per un vaccino anti Covid-19 pubblico

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Appello degli scienziati per un vaccino anti Covid-19 pubblico

Un appello per produrre un vaccino anti Covid-19 che sia pubblico e aperto a tutti. A lanciarlo sono scienziati e docenti universitari aderenti all’Associazione italiana per la promozione della scienza aperta (Aisa) che il 18 febbraio, in una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Mario Draghi, alla ministra dell’Università e della Ricerca Cristina Messa, al ministro della Salute Roberto Speranza, hanno avanzato una proposta per introdurre nella legislazione italiana una norma sulle licenze obbligatorie.

Nonostante le dichiarazioni di inizio pandemia – «il vaccino anti Covid 19 sarà un bene comune dell’umanità», affermava un anno fa il presidente francese Macron – i rimedi contro il virus non sono un bene comune, ma proprietà delle grandi aziende farmaceutiche che, nonostante i finanziamenti alla ricerca da parte degli Stati e grazie ai brevetti, possono decidere a chi e quando venderli, senza tenere conto dei diritti delle persone.

Nella missiva, la proposta firmata dai membri del Consiglio Aisa si articola in sei punti all’interno dei quali sono espresse con chiarezza le conseguenze di un sistema attualmente inefficiente ma anche le potenzialità di sviluppo che deriverebbero da un deciso cambio di marcia.

Per condividerla si può spedire un messaggio, preferibilmente dall’indirizzo istituzionale, a aisascienza@protonmail.com, contenente il nome e la dichiarazione “Aderisco”.

Cooperazione invece di competizione

«Notizie di stampa – si legge nella lettera – riferiscono di centri di ricerca italiani che stanno studiando l’elaborazione di un nuovo vaccino anti-Covid 19. Alcuni di questi centri appartengono a università o enti di ricerca pubblici che fanno capo allo Stato e sono finanziati dal contribuente. In una situazione pandemica, continuare a costringerli a reinventare la ruota in nome del culto del brevetto e della competizione intestina non è soltanto inefficiente: è letale. Occorre trovare il modo di farli cooperare, nell’interesse dell’Italia e dell’umanità».

Un vaccino libero

«Qualche giorno fa – continuano i membri del Consiglio direttivo Aisa – il ministero dell’Università ha pubblicato il Programma Nazionale per la Ricerca 2021-2027, che contiene anche alcune dichiarazioni a favore della scienza aperta (§ 3.5.1). In un paese in cui il dire è sempre stato più facile del fare, università ed enti di ricerca potrebbero finalmente essere incoraggiati a collaborare per mettere a disposizione di tutti – di tutti gli italiani e di tutti gli esseri umani – le conoscenze e le tecnologie necessarie a produrre un nuovo vaccino, in una concorrenza leale, sui principi ancor prima che sui prodotti, con le multinazionali del farmaco che, grazie ai brevetti, hanno potuto costruire un sistema fondato su un’artificiale – e mortale – scarsità».

Finanziamento pubblico e donazioni civiche

«Il finanziamento di questa ricerca – prosegue la missiva – potrebbe basarsi su fondi statali – per esempio del MUR (ministero dell’Università e della Ricerca) e del ministero della Salute – e sul contributo volontario dei cittadini, italiani e no.

Una simile iniziativa può sperare di avere successo solo se le sue regole di base sono chiare e pubbliche, perché pensate allo scopo di garantire, con una sorta di patto fra cittadinanza e ricerca, che da ciò che è pubblico e liberalmente donato si ottenga qualcosa che sia destinato a rimaner pubblico e liberalmente donato. Questa donazione da parte della rete della ricerca pubblica e dei cittadini che la finanziano direttamente e indirettamente non salverebbe soltanto le vite di pazienti ricchi e poveri, italiani e no, ma metterebbe a disposizione delle imprese italiane e del mondo le conoscenze e la tecnologia relativa al nuovo, e libero, vaccino».

Collaborazione tra stato e imprese

«Le imprese italiane – questa la previsione del gruppo di scienziati – potrebbero essere le prime a produrre il vaccino sia perché si gioverebbero di conoscenze e tecnologie geograficamente prossime, sia perché potrebbero approfittare del contributo del resto del mondo, costruito sulla loro conoscenza condivisa. Moderna ha scelto di sospendere unilateralmente e senza impegno le azioni giudiziarie a tutela dei propri brevetti allo scopo di trar vantaggio dall’inventiva altrui. Offrire però al resto del mondo la possibilità di sperimentare e contribuire a conoscenze e tecnologie legalmente aperte invece che solo provvisoriamente e arbitrariamente libere e potenzialmente costose sarebbe, di nuovo, una concorrenza morale, e non soltanto leale».

Strumenti giuridici

«Gli strumenti giuridici per attuare i quattro principi sopra elencati non mancano», –, assicura Aisa. «Una delle opzioni disponibili è la cosiddetta pubblicazione difensiva, cioè la pubblicazione di tutte le informazioni riguardanti la tecnologia alla base del vaccino. La pubblicazione difensiva, senza imporre ulteriori costi, distrugge la novità dell’invenzione e impedisce a tutti di brevettarla. L’esempio della rete mondiale alla base della distribuzione dei vaccini anti- influenzali dimostra che si possono concepire e attuare opportune misure organizzative e giuridiche volte a garantire il funzionamento della Scienza Aperta nel campo della tutela della salute.

Questa proposta permetterebbe di far uso di norme che già esistono per evitare che, con una sindemia – dovuta alla concomitanza dei problemi sanitari, economici e sociali – in atto, l’interesse di pochi monopolisti continui a prevalere sul diritto di tutti alla salute e alla conoscenza».

Licenze obbligatorie

L’auspicio è «che in tempi rapidissimi si proceda all’inserimento nel decreto legislativo, 10 febbraio 2005 n. 30 (codice della proprietà industriale) di una disposizione normativa sulle licenze obbligatorie nella materia della tutela della salute pubblica. Tra i grandi paesi europei, l’Italia è l’unica a non essersi dotata dello strumento delle licenze obbligatorie previste dall’art. 31 dei Trade Related Intellectual Property Rights (TRIPs). La recente proposta di legge n. 4149 (2016) della XVII legislatura si muoveva in questa direzione».

I firmatari del Consiglio direttivo Aisa

La lettera inviata a Draghi è stata firmata di Silvia Bello, università del Piemonte Orientale, Stefano Bianco, Infn laboratori nazionali di Frascati, Roberto Caso, università di Trento, Emanuele Conte, università Roma Tre, Giovanni Destro Bisol, università La Sapienza di Roma, Ilaria Fava, Göttingen State and University Library, Paola Galimberti, università di Milano, Enrico Pasini, università di Torino, Maria Chiara Pievatolo, università di Pisa.