martedì 16 Aprile 2024
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Il biotestamento è legge. Via libera alle norme sul fine vita

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Il biotestamento è legge. Via libera alle norme sul fine vita
Via libera dall’Aula del Senato al provvedimento sul biotestamento. I sì sono stati 180, 71 i no e 6 astenuti. Il testo diventa legge. Un grande applauso si è levato dall’Aula.

«Oggi il nostro paese ha finalmente una legge giusta e di civiltà sul biotestamento», è il commento, sulla sua pagina Fb, di Ivan Pedretti, Segretario generale dello Spi Cgil. «La politica che riesce a rispondere all’interesse generale del paese – ha aggiunto – è sempre una buona notizia».

«Finalmente si dà merito alla lunga battaglia parlamentare per la dignità del fine vita iniziata nel 1985 da Loris Fortuna. Dopo un dibattito parlamentare che come triste consuetudine, anche su un tema tanto delicato non ha risparmiato bassezze, approssimazioni e vere e proprie menzogne, è stato raggiunto un risultato in sintonia con la realtà, di grande importanza sui fronti della laicità dello Stato, della dignità e libertà e dell’autodeterminazione della persona». Così la segretaria confederale della Cgil Rossana Dettori e la responsabile Ufficio Nuovi diritti della Cgil nazionale Maria Gigliola Toniollo commentano l’approvazione della legge sulle Disposizioni Anticipate di Trattamento.

La legge, che disciplina il rapporto tra paziente cosciente e medico, introduce anche le DAT (Disposizioni anticipate di trattamento). Attraverso queste,  una persona, purché vigile e cosciente, può definire i trattamenti ai quali può essere sottoposto nel caso di perdita della capacità di libera espressione della propria volontà.

I punti principali, riassunti da Alessandro Simeone, comitato scientifico dell’autorevole sito di informazione giuridica Il familiarista riguardano:

Diritto alle scelte terapeutiche e cure condivise
Finché il paziente è cosciente e può liberamente esprimere la propria volontà, ogni cura (o rifiuto di cura) è subordinato al suo consenso informato e scritto, sempre revocabile. Per le patologie croniche, invalidanti o caratterizzate da prognosi infausta, medico e malato possono stabilire un piano di cure valido anche per il periodo successivo alla perdita della capacità di intendere e volere del paziente.
Rifiuto della cura
Il paziente debitamente informato delle conseguenze delle proprie scelte ha il diritto di rifiutare qualunque trattamento sanitario, anche quelli che garantiscono la sopravvivenza.
La legge non introduce né l’eutanasia né il suicidio assistito
Il diritto di rifiutare le cure non legittima alcun comportamento commissivo (volontario) del medico volto a procurare la morte del malato; l’omicidio del consenziente, dunque, rimane nel nostro ordinamento un reato.
Il ruolo della famiglia
Il paziente può decidere di coinvolgere qualsiasi persona (coniuge, convivente o anche un amico) nelle scelte mediche che lo riguardano. Per evitare le scelte fatte “a sua insaputa”, in assenza di questa indicazione i medici possono rivolgersi solamente al malato.
Minorenni
Decidono sempre i genitori anche se separati o divorziati (tranne i rarissimi casi di affidamento superesclusivo o affidamento al Comune). Il minore deve essere comunque ascoltato: la sua opinione conta in misura direttamente proporzionale al grado di maturità e all’età. In caso di conflitto tra i genitori decide il Tribunale che deve sempre ascoltare il minore con più di 12 anni.
Incapaci di intendere e volere
Per l’interdetto decide sempre il tutore; l’inabilitato, invece, decide per sé stesso; per coloro che fruiscono dell’amministratore di sostegno dipenderà da caso a caso; se il tutore o l’amministratore di sostegno rifiutano le cure ma i medici le ritengono necessarie o adeguate, decide il Giudice.
Dichiarazioni anticipate di trattamento
Ogni soggetto maggiorenne può stabilire, per il periodo in cui sarà incapace di intendere o volere o non potrà esprimersi, a quali cure e accertamenti sottoporsi, nominando un fiduciario, cioè un soggetto che lo rappresenti nella relazione con il medico e lo sostituisca nell’assunzione delle scelte. I sanitari sono tenuti a rispettare la volontà contenute nella DAT tranne quando siano “palesemente incongrue”, non corrispondano alla situazione clinica del malato, o siano sopraggiunte terapie – non prevedibili al momento di compilazione delle DAT – tali da offrire “concrete possibilità di miglioramento della vita” del malato. In  questi casi il medico può decidere di non rispettare le DAT se c’è il consenso del fiduciario; in caso di conflitto tra medico e fiduciario decide il Giudice. Di tutta la legge la parte delle DAT è sicuramente quella che maggiormente risente della necessità del compromesso: la terminologia utilizzata, a tratti evanescente, rischia di creare più di un conflitto in Tribunale.
DAT scritte e gratuite
Le DAT hanno sempre la forma scritta, possono essere firmate davanti a un Notaio oppure, più semplicemente, essere consegnate personalmente all’Ufficiale di Stato civile del comune di residenza che le annota in un apposito registro. Sulle DAT non si paga alcuna tassa, imposta o tributo.