lunedì 29 Aprile 2024
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Al via il XX congresso dei pensionati della Cgil guardando al futuro

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Al via il XX congresso dei pensionati della Cgil guardando al futuro

Al Lingotto la luce entra potente da fuori. È il sole di dicembre che scalda i muri di uno degli edifici simbolo della storia industriale del nostro paese. Qui a Torino per tre giorni si riuniscono i pensionati della Cgil che saranno chiamati a rinnovare i propri organismi dirigenti. Quello dello Spi è l’ultimo congresso delle categorie del sindacato di Corso Italia. Poi a fine gennaio la tappa finale, con il congresso della Cgil che si terrà a Bari e che eleggerà il nuovo segretario generale. Nei mesi scorsi sono state svolte 4.992 assemblee di base alle quali hanno votato 318.637 pensionate e pensionati.

I lunghi corridoi si affollano sin dalle prime ore del mattino. C’è chi, alla buon’ora, ha già visto la bella mostra che racconta le grandi trasformazioni sociali, politiche, economiche, culturali che hanno investito il nostro paese dal Dopoguerra ai giorni nostri. Il titolo dice già tutto: Trasformazioni. Finale aperto, nessuno spettatore, tutti coinvolti. Qualcuno con fare pensoso dice “ah, come sono cambiati i tempi… una volta si lavorava tutti assieme per un obiettivo comune. Ora invece si dice solo “io, io, io”. Il riferimento è alla politica dei personalismi. Qui, al Lingotto, lo Spi cerca invece di tracciare un percorso differente, fatto di condivisione, progettualità, rinnovamento e innovazione. Il titolo del congresso del resto non potrebbe essere più esplicito: “Qui si fa il futuro”.

Il foyer intanto inizia ad affollarsi, anche se manca ancora un’ora all’inizio dei lavori. I delegati sono più di 700. Gli invitati circa 300. “Andiamo, dobbiamo andare a fare il futuro” esclama un delegato sorridendo. E aggiunge “e sbrighiamoci, perché mica abbiamo tutto questo tempo!”. Già, il sindacato è chiamato a rispondere ai nuovi bisogni di una popolazione anziana destinata ad aumentare giorno dopo giorno. E poi ci sono i giovani, a cui lo Spi vuole dare risposte certe e chiare, per il lavoro di oggi e le pensioni di domani.

I delegati e gli invitati sono arrivati da tutta Italia. Girano come trottole nei lunghi corridoi del Lingotto. Lo spazio è immenso. Uno spazio importante, che sa di storia e di lavoro. Sorrisi, abbracci, saluti. Dal bar poco distante arriva il rumore delle tazzine e della macchina del caffè. Il chiacchiericcio si fa più fitto a ridosso delle scale su cui in tanti si riversano per prendere posto nella grande sala che accoglierà tutti. Imponente ed elegante. Inconfondibile il tocco di Renzo Piano che nel 1994 diede vita a questo magnifico auditorium fatto di legno e velluto rosso. Sullo sfondo, l’ immagine del congresso: una folla di manifestanti degli anni Settanta. Come a dire che quel passato non è materia d’archivio ma linfa vitale per il presente e il futuro che verrà. Carburante per il lavoro di oggi.

Allo stand di LiberEtà è tutto pronto: libri, i poster della mostra, i coloratissimi quaderni per annotare le sempre più numerose password che costellano la nostra vita. E ancora, adesivi, segnalibri. E poi il nostro mensile, che questo mese racconta i temi cruciali del congresso e presenta in anteprima alcune immagini della mostra. “Ah che bello il quaderno delle password. Finalmente posso scriverle tutte insieme”, dice un delegato arrivato dal Nord. “Una volta ho segnato il pin dell’Inps su un foglio. Poi mio nipote me lo ha fatto sparire”, aggiunge ridendo un altro che arriva invece dal Sud. “Ma come è allegro questo stand tutto colorato”, dice una delegata del centro Italia. Già, abbiamo scelto colori vivaci. E poi lo slogan, I sogni resistono, fa tutto il resto.

Intanto, fuori, i fumatori della mattina si scaldano al sole. Il vapore si spande leggero in aria, illuminato dalla luce invernale sotto un cielo che più terso di così non si può.

Giù nella sala i delegati hanno preso posto. Sono tutti pronti per l’inizio. Ma ci sono anche gli ultimi arrivati che si affrettano a prendere posto. Camminano rapidi nei corridoi. “Da dove si entra”? “Dov’è la sala Auditorium?”. Corrono veloci in sala, passando accanto alle grandi foto storiche che lo Spi ha voluto utilizzare per gli allestimenti.

Sul palco sale l’arpista Micol Picchioni che apre la tre giorni con la poesia di alcuni brani che scaldano la platea e commuovono tutti: Born to run di Bruce Springsteen, Wish you were here dei Pink Floyd,  Io vagabondo dei Nomadi e, ancora, Il pescatore di De Andrè. Tutte canzoni che hanno un significato particolare per chi è presente oggi in sala. Una generazione che ha contribuito attivamente tra gli anni Sessanta e Settanta al cambiamento del nostro paese. E poi, in chiusura, una Bella Ciao d’eccezione, eseguita magistralmente. Da brividi. Ma nessuno qui ha intenzione di fare il nostalgico. Qui si fa il futuro e allora sguardo in avanti.