Vogliamo onorare la loro esistenza e non vogliamo che restino numeri. Perché hanno nome e cognome, storie vissute, da vivere e tramandare.
Perché medici e infermieri che li hanno visti morire, o i familiari che non hanno potuto dare loro neanche l’ultimo saluto, ne avvertivano, gli uni, la sofferenza, e gli altri il dolore per non poter, ogni giorno, scambiare con loro sentimenti profondi.
Perché i loro parenti, come gli amici, i colleghi o un amore, per settimane hanno potuto solo immaginarli in quelle stanze della speranza dove in solitudine ci hanno invece lasciati.
«Per loro che vanno e per noi che restiamo – ha scritto il poeta Franco Arminio – diamo un posto a questo dolore».