Solidarietà. La recensione di Filippo La Porta su “Left”

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Se i veri ultimi sono fuori dal lavoro allora la rappresentanza sindacale rivela i propri limiti. Nel passato invece quando il sindacato vinceva una battaglia era un miglioramento per tutti. Da questo dilemma muove un utile libretto di Gaetano Sateriale, sindacalista della Cgil: Solidarietà. Storia di un’idea (Liberetà, Parolebase), con una singolare, personalissima ricognizione di immagini e composizioni musicali ispirate a questo sentimento (da Veronese a Rembrandt e Delacroix, da Bach a Verdi). La parola “solidarietà, di origine giuridica, è presente due volte nella Costituzione, come diritto/dovere del singolo (art. 2) e come obbligo dello Stato a favorirla (art. 119). Non la usa mai Dante, è assente nello Spirito delle leggi di Montesquieu, nell’opera di Rousseau, nella Costituzione americana, e nel Manifesto di Marx. Si tratta di un concetto nato in Occidente che ha solo due secoli di vita, almeno nella sua accezione di fratellanza tra estranei (in India esiste solo all’interno di una casta). In Europa ha generato il Welfare (non negli Usa). In Italia l’alluvione di Firenze del 1966 è stata l’origine della cultura solidale del Sessantotto: solidarietà spontanea e diffusa. A parte certe avvisaglie in Montaigne sono i filosofi inglesi del Settecento a fare da apripista: Adam Smith parla di un sentimento naturale di «simpatia», di partecipazione emotiva nel vedere qualcuno che soffre (anticipazione dei neuroni-specchio). E così Hume. Tira una brutta aria per la solidarietà. Ovunque si propone una politica di contenimento della spesa pubblica. Eppure, come ci ricordava Stefano Rodotà, non si può definire democratico un sistema sociale senza la solidarietà, sapendo che la classe operaia non è più “classe generale”. Occorre però riprendere l’accezione universalistica della solidarietà, non confinabile alla famiglia, a una categoria professionale, a una classe sociale, a un partito. Altrimenti tutto ciò che cade fuori di queste istituzioni viene percepito come meno “reale”, diventa invisibile.